Manolo Marcandalli (Caffè Marcandalli): Bisogna valorizzare l’espresso italiano, raccontando il lavoro che c’è dietro ogni miscela
- info857215
- 4 set
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 9 set
Le interviste IIAC proseguono, dando voce alle esperienze concrete di aziende che si trovano ad affrontare un mercato complesso e in continua evoluzione. Ogni intervista è un’occasione per scoprire approcci diversi. Oggi parliamo con Manolo Marcandalli, quality product manager di Marcandalli S.r.l., che per l’azienda si occupa in prima persona del mercato lombardo e del controllo qualità del prodotto finito.

Come vedi oggi il mercato del caffè in Italia e all’estero?
Il mercato è sotto pressione per vari motivi: cambiamenti climatici, eventi sociopolitici che incidono sui trasporti e l’aumento dei consumi in paesi come Cina e India. In Italia il problema è aggravato da una filiera sacrificata, dove il prezzo della tazzina è troppo basso e non riflette il reale valore del prodotto. Le torrefazioni si trovano davanti a un bivio fatto di costi elevati e prezzi al consumo contenuti, con uno scarso margine di manovra. A questo si aggiunge anche la prassi del comodato d’uso delle attrezzature per i baristi, che contribuisce a mantenere basso il prezzo della tazzina, creando un circolo vizioso.
Quali possono essere le soluzioni per affrontare questa situazione?
Serve un cambio di prospettiva: aumentare i prezzi e investire sulla qualità, educando il consumatore. È necessario un cambiamento culturale. Una proposta concreta potrebbe essere un aumento graduale e condiviso del prezzo della tazzina, per far capire ai consumatori che il caffè è un prodotto di valore, stando attenti a non scoraggiarne il consumo e al tempo stesso garantire la sostenibilità economica dei bar. Il paradosso è che i consumatori pagano senza problemi bevande come il ginseng a prezzi più elevati, ma sono restii ad accettare gli aumenti sul prezzo dell’espresso.
Cosa pensi invece dell’attuale situazione dei bar italiani?
Purtroppo, molti locali offrono un prodotto e un servizio che non sono di qualità. Serve più formazione per i baristi, che devono, oltre a saper preparare il caffè, anche saperlo raccontare e vendere. Aumentare i prezzi è importante e necessario, ma è altrettanto cruciale investire nella formazione e nell’informazione, sia per i baristi che per i consumatori stessi. Noi come azienda organizziamo eventi di Espresso Italiano Experience nei locali, che riscontrano sempre grande curiosità e interesse da parte dei clienti.
Come azienda, come cercate di comunicare a baristi e consumatori?
Lavoriamo con un approccio misto: presenza digitale e contatto diretto. Usiamo i social e il sito, ma puntiamo soprattutto sul passaparola e sulle relazioni umane. In Lombardia seguo io personalmente i clienti, mentre in altre regioni ci affidiamo a rivenditori formati. All’estero collaboriamo con distributori locali, anche se stiamo iniziando a interagire direttamente con i clienti finali. Non puntiamo a una crescita rapida e indiscriminata, ma preferiamo consolidare ogni nuovo cliente acquisito, trasmettendo un messaggio di qualità e affidabilità.
Perché privilegiate il contatto diretto?
Perché crea fiducia. Le visite nei locali, le degustazioni guidate e il supporto tecnico fanno la differenza. Comunicare la qualità di un caffè richiede un rapporto umano. Il digitale è utile per farsi conoscere, ma non basta per fidelizzare.
Come vedi il futuro del settore?
Bisogna sicuramente valorizzare l’espresso italiano, raccontando di più il lavoro che c’è dietro ogni miscela, dal coltivatore al torrefattore. Per esempio, durante il lockdown del 2020 ho creato una miscela con note di frutta secca e miele. Un’altra è nata dopo l’assaggio di caffè cinesi all’ICT, cercando di valorizzarne le caratteristiche eliminando i difetti. Raccontare queste storie aiuta anche a giustificare un prezzo più alto. Tutto ciò potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel diffondere la cultura del caffè e nel supportare le torrefazioni nella comunicazione del valore del loro lavoro.




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